C’è spazio per altro dolore?

 

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Non ci si abitua mai al terrore che si prova ogni volta che persino una base solida e concreta come la terra sotto i nostri piedi inizia a tremare: il terremoto è una cosa che non ci si può aspettare, e stare allerta ventiquattro ore su ventiquattro non ti lascia respirare.

Il 18 gennaio 2017 ci ha fatto vivere una mattinata movimentata, che, personalmente, mi ha fatto risvegliare quella paura che credevo ormai sepolta, speravo che fosse finita, ma le “sorprese” non finiscono mai.

Durante la prima scossa ero a scuola, erano le 10.25 circa, e con tutta la classe stavamo svolgendo la solita routine, se così possiamo chiamarla, durante il cambio dell’ora, in quei preziosi 5 minuti senza professoressa, eravamo immerse in mille faccende frettolose: chi raccontava gli avvenimenti delle giornate precedenti, chi parlava delle solite scemenze, chi ripassava matematica e fisica per l’interrogazione e chi cercava di svegliarsi con il classico cappuccino-acqua sporca.

Ho visto la faccia di V., che fino a poco prima era più che rilassata, se non addirittura in dormiveglia, trasformarsi in un volto non preoccupato, quanto sorpreso, ed è uscita dalla classe assieme ad altre tre persone, ripetendo costantemente la parola “terremoto”.

Ciò ha creato un putiferio, gente che si alzava, gente che rimaneva seduta bloccando il passaggio ad altri, zaini rimasti sulle sedie e cose rimaste a terra. Non ci siamo messi sotto al banco, perché ormai la scossa era finita, e il fatto che la professoressa non fosse ancora arrivati ci ha solo che disorientati ancor di più.

La campanella avrebbe dovuto segnalare l’evacuazione è stata suonata troppo tardi, vedevamo che dalle scale già alcune ragazze stavano scendendo, e del nostro piano la nostra classe è stata la prima a uscire, anche se camminare a passo sostenuto e correre sulle scale antincendio le ha fatte tremare, scatenando ancor più terrore per chi era già scoppiato in lacrime.

E la mattinata è andata avanti così, tra le chiamate ai genitori e i fatidici zaini che teoricamente non avremmo potuto recuperare, ma che praticamente abbiamo preso facendo salire quattro persone.

Ma alla fine ognuno è tornato a casa, chi ancora tra le lacrime e chi si è tenuto la paura ancora viva dentro di sé, tutti tranne me.

Non ho avuto paura, ma da brava egoista quale sono nella maggior parte dei casi, se non per i miei piccoli sprazzi di bontà verso gli altri, questa volta ho pensato solo a me, rimanendo inizialmente scioccata dalla reazione di alcune amiche e compagne, e so di poter risultare incoerente se fino ad ora ho parlato di quanto sia stata devastante questa mattinata, e solo ora confesso di non averla vissuta nel terrore, il fatto è che quello per me è arrivato dopo, e dopo ha iniziato a quadrare tutto.

Mi sono spaventata alla terza scossa, quando ho sentito mia madre al cellulare, una delle donne più forti che io conosca, impaurita. E lì ho pensato a lei, alle mie sorelle, a papà, ai miei amici più cari e alle persone a cui tengo maggiormente… e mi è mancato il respiro per tutta la durata di quella maledetta scossa.

C’è ancora tanta superficialità nell’affrontare il terremoto, credo che, almeno per i ragazzi, non si riesca a concepire la gravità della situazione fino a quando non la senti viva, fino a quando non prendi i considerazione seriamente le possibili conseguenze, e vorrei che ci fosse più informazione e consapevolezza. Anche se, dopo oggi, credo che un po’ tutti hanno sofferto questa calamità.

Ora io mi chiedo, se noi che riceviamo solo poco della vera scossa, e viviamo così la situazione, come possono stare le persone che lo vivono in prima persona, soprattutto Amatrice, dopo tutto quello che ha passato, nei cuori della gente c’è spazio per altro dolore?

Nonostante il peso dell’anima

Foto di Rachele Gentile

Ho ritrovato

In un anno di fanghiglia

Pieno di cenere

Che mi ha bruciata

Il petto

E ciò che ne restava

Uno spiraglio

Di rivoluzione

Che è andato oltre

Alle mille morti

E alle mie paure

Di poter vivere

Nonostante il peso

Dell’anima

Che ora

Ormai

Ha lo stesso peso

Del mio cuore

Che ritorna a battere

Quando mi

Sfiori

La mano

Mentre mi porti

In un posto qualunque

D’altronde 

Ovunque

È altrove

Se sono con te

E con la tua forza

Che mi sostiene

E non mi fa cadere

Da un dirupo

Dove mi trovavo

Ogni secondo

Ed era luogo di terrore

Ed ora è luogo perfetto

Dove fermarci

A guardare le stelle

Dedicato a chi sa di meritarselo.

BUON ANNO!